11 ottobre 2015

ANNIVERSARIO DELLA DEDICAZIONE DELLA CHIESA PARROCCHIALE - Solennità -

Ez 43,1-2.4-7                   1 Pt 2,4-9           Gv 4,19-24                                                    
OMELIA

Il cristiano è vero discepolo del Maestro divino perché ne assume continuamente la sensibilità.
Il discepolo, usando l'immagine del Vangelo che abbiamo ascoltato, è colui nel quale si celebra il culto in spirito e verità. È il senso della celebrazione odierna nella quale noi siamo chiamati a ricordare la dedicazione di questa chiesa, ma in questo ricordo dobbiamo tenere sempre presente le parole che Gesù ci ha detto: “Né su questo monte, né in Gerusalemme adoriamo il Padre”.
Il culto a Dio non avviene nel tempo e nello spazio e allora, davanti a questa forte provocazione di Gesù per il quale il vero culto è l'uomo che, nella sua identità, dà gloria a Dio, cerchiamo di chiederci: cosa voglia dire ritrovarci in una chiesa?
E la risposta immediata è molto semplice: riscoprire ogni giorno la propria identità di discepoli.
La bellezza di ritrovarci in un luogo di culto non è assommare riti, non è ritrovare criteri morali, non è gratificare una coscienza giuridica, ma ritrovarci nel luogo di culto è ritrovare la gioia di essere uomini che vivono e danno un culto in spirito e verità.
Allora cerchiamo di chiederci cosa, queste parole di Gesù, possono significare per ciascuno di noi e allora il primo passaggio che noi dovremmo cercare di cogliere è che il luogo di culto è vivere una sapienza che viene dall'alto e ci aiuta a ritrovare noi stessi, ad ascoltare una parola sulla quale elaborare le nostre scelte.
La bellezza di una comunità è condividere il senso della vita che viene dall'alto.
Il Signore sempre si rende presente dove c'è una comunità che respira la sua mentalità. La bellezza della fede non è fare tante cose, non è di per sé neanche entrare in un tempio, ma la bellezza della fede è imparare quella sapienza che viene dall'alto, quella sapienza che ci viene comunicata continuamente, quella sapienza che è il gusto della vita. Il luogo è semplicemente un segno, non è un valore. Il valore è essere nel mistero di Cristo che vuole essere presente in una comunità, per regalarci la sua interiorità. Il cristiano è culto in spirito e verità, è una mentalità che viene dal Padre, che nello Spirito Santo ci è regalata e ci fa diventare sempre più il volto di Cristo. E il volto di Cristo è il volto della pienezza della nostra umanità.
Saremmo dei cristiani molto poveri se venissimo in chiesa perché dobbiamo porre i riti della tradizione; noi siamo cristiani perché veniamo in chiesa per essere alunni del Risorto che ci regala la vera sapienza, quella interiorità che ci permette di costruire la nostra esistenza. Il cristiano è colui che nasce ogni giorno da lassù e quindi, a livello personale, ha il gusto delle realtà divine. Ecco il primo elemento che possiamo percepire nella festa di oggi: diventare il Cristo che in noi è culto in spirito e verità.
Il secondo passaggio che dovremmo riuscire a cogliere, è che un'esistenza che costruisce ogni frammento di vita in questa esperienza dovrebbe condurci al rapporto con il Padre; è il vivo rapporto con Padre il quale vuole questo culto in spirito e verità perché il senso della nostra vita è la nostalgia del volto del Padre!
Quando ci ritroviamo in chiesa, abbiamo accesso al volto del Padre, ci ritroviamo attorno a Gesù Cristo, nello Spirito Santo, in una meravigliosa comunione fraterna perché lo sguardo del cuore sia rivolto al Padre. Gesù è venuto in mezzo a noi per parlarci del Padre, Gesù ci comunica la sapienza che è presso il Padre perché la nostra esistenza sia tutta nel Padre. Ecco perché nella preghiera della Chiesa ci rivolgiamo sempre al Padre, alla fonte della vita, al senso della vita e alla meta della nostra esistenza.
Il cristiano è autentico, quando dice: "Padre!" In quel momento il cristiano è veramente uomo, in quel momento è veramente discepolo del Signore, nel momento in cui dice Padre riempie di eternità la propria storia. Il culto in spirito e verità di cui ha parlato il Maestro è aprire l'orizzonte del cuore verso il gusto di questa paternità da cui procede ogni sapienza.
Ecco perché il salmo responsoriale che abbiamo pregato si è così espresso: “Andiamo con gioia alla casa del Signore” che non è questa chiesa di mattoni ma in quel " Andiamo alla casa del Signore" orientiamo la nostra vita verso l'eternità beata.
Il fatto di ritrovarci qui è gustare la nostalgia dell'incontro glorioso. Potrebbero abbattere anche questa chiesa e noi non abbiamo nessun problema perché la Chiesa siamo noi che gustiamo la stessa mentalità di Cristo nello Spirito Santo per tendere verso il volto del Padre.
E se riuscissimo a cogliere questo secondo aspetto della festa di oggi, di quella provocazione che Gesù ci dà di essere un culto in spirito e verità, è chiaro che non ci guarderemmo più d'attorno, non guarderemmo a tanti riti… Il Signore è molto semplice, il Signore guarda solo la nostra persona nella quale Egli con il Padre e lo Spirito Santo abita, anima le emozioni del nostro cuore, ci fa desiderare la sua parola, ma soprattutto ci dà quel gusto alla nostra umanità sacramento della presenza trinitaria.
Noi non amiamo nessun luogo perché noi siamo il luogo in cui il mistero divino si realizza in pienezza e, allora, ci accorgiamo che la vita di tutti i giorni è un meraviglioso culto in spirito e verità.
Gesù ci ha detto“È venuto il momento ed è questo in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”.
L’uomo, che è nato da Dio Padre, gusta il volto del Cristo nella quotidiana docilità allo Spirito e allora ogni frammento della vita, qualunque cosa noi possiamo fare, qualunque aspirazione nasce dal nostro cuore è il culto in spirito e verità!
I troppi riti possono far dimenticare il volto di Dio Padre, le troppe prescrizioni ci rendono autoreferenziali e dimentichiamo che il vero culto è la Trinità che opera in noi per cantare eternamente la Trinità.
Non c'è momento della nostra vita che non sia un adorare il Padre in spirito e verità e in questo cogliamo lo sviluppo della nostra identità umana. Spesse volte ci poniamo la domanda: perché la domenica andiamo all'eucaristia? La risposta è molto semplice: per imparare quella sapienza divina che dà a ciascuno di noi il gusto della nostra umanità.
Se non entriamo in questo orizzonte, forse non abbiamo mai conosciuto Gesù Cristo e, allora, in questa eucaristia in cui il Signore si rende presente, Egli vuole educarci al vero culto in spirito e verità: fare come lui ha fatto sulla croce “Tutto è compiuto!”. Questo atteggiamento non è altro che , regalare la nostra esistenza frammento per frammento nelle mani amorose del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Allora la nostra storia diventa il culto in spirito e verità.
Ogni volta che vediamo questa chiesa non guardiamo le mura, ma guardiamo la nostra persona che entrando nei divini misteri impara ad essere se stessa.
Questa sia la bellezza dell'eucaristia che stiamo celebrando. Il Risorto che è presente nella comunità cristiana ci raduna nell'eucaristia e  sta creando in noi un mondo nuovo. E' quel fascino che è dentro di noi e che ci deve continuamente guidare in modo che abbiamo quella sapienza che viene dall'alto, ci dà la solidità della roccia che è Cristo, per aspirare a quell'incontro divino finale in cui ogni nostro desiderio sarà veramente e pienamente realizzato.






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