02 aprile 2017

V DOMENICA di QUARESIMA (ANNO A)

Ez 37,12-14 Rm 8,8-11           Gv 11,1-45
OMELIA
L'esperienza della Quaresima ci introduce lentamente nella personalità del Maestro, e l'evangelista Giovanni, dopo averci detto che dobbiamo avere sete del volto di Dio, ci ha regalato quella luce che ci dà la capacità di seguire giorno per giorno il Maestro per farci giungere alla bellezza della vita. Nel miracolo di Lazzaro scopriamo che la bellezza della vita di un discepolo è vivere in atto la risurrezione di Gesù, che non è altro che la bellezza, la luminosità, l'armonia della vita, perché Gesù, nel momento in cui ci affascina, ci introduce nel suo mistero e ci dona la bellezza della vita.

Questa verità esistenziale, alla quale Gesù oggi vuole richiamare la nostra attenzione, passa attraverso l'esperienza del credere.

E’ molto bello come Gesù rivolgendosi a Marta abbia detto: “Chi crede in me anche se muore vivrà e chiunque vive e crede in me non morrà in eterno”.

In un altro brano Gesù dice ancora: ”Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna, ed è passato dalla morte alla vita”.

Il mistero della risurrezione è goduto solo dal discepolo che crede.

Ma cosa vuol dire credere?

Tutta l'esperienza del Vangelo di Giovanni è un richiamo al credere. Per coglierne la profondità di significato occorre distinguere tra “la fede” e “il credere” poiché questa distinzione è fondamentale per entrare nell'esperienza della risurrezione. In modo sintetico si potrebbe affermare che la fede è aprirci all'invadenza del mistero di Gesù, credere, a sua volta, è vivere in modo personale questa invadenza.

Questa è una dialettica nella quale noi siamo chiamati a entrare perché il credente è colui che vive istante per istante l'affermazione di Gesù: “Io sono la risurrezione e la vita”.

Il primo elemento che dobbiamo cercare di acquisire è la fede, spalancare la nostra esistenza alla signoria di Gesù; è l'uomo che assetato di verità e di luce che dice al Signore: invadi la mia vita! Qui scopriamo quel passaggio che, dal punto di vista esistenziale, ci porta a dimenticare l'io per immetterci nella luminosità del tu. La fede è proiettare tutta la nostra sensibilità al mistero di Gesù, è una attenzione interiore per cui lo sguardo del cuore non può più allontanarsi da questa persona sommamente amata.

Questo primo elemento, che è l'attenzione amorosa che Gesù genera in ciascuno di noi e che ci attira in modo continuo, diventa credere quando la persona di Gesù diventa l'anima della nostra anima. Il Cristo viene ad abitare in noi e, abitando in noi, diventa il principio di ogni nostra scelta.

Credere è il Risorto che plasma talmente la nostra esistenza che ormai noi viviamo “da risorti”. Questa è la bella intuizione che ci ha offerto Paolo nella lettera ai Romani quando afferma che lo Spirito del Risorto è dentro di noi e opera in noi la fecondità della risurrezione di Gesù. Tale verità Gesù ce l’ha detta chiaramente nel dialogo con Marta, quando Marta dice “io credo che risorgerà nell'ultimo giorno”. Ognuno di noi possiede una particolare concezione del tempo visto come la successione di istanti e di conseguenza pensiamo che noi risorgeremo quando moriremo.

Gesù, nella risposta data a Marta, corregge il tiro: noi non risorgeremo domani, ma nell'ultimo giorno, l'ultimo giorno è l'oggi della personalità di Gesù! Oggi siamo in stato di attiva risurrezione quando viviamo del credere! Oggi noi stiamo già risorgendo, pur vivendo nelle contingenze della storia. Per noi non c'è problema di domani, per noi tutto è oggi! Oggi il Risorto dimora in noi perché oggi viviamo di lui, e il risorgere finale non sarà altro che la definitività della nostra esistenza che, ogni giorno, sceglie il mistero di Gesù!

Uno dei drammi dell'uomo contemporaneo è quello di non gustare la bellezza dell'oggi.

L'uomo pensa a domani, con quella invasione di paure che lo caratterizza. Gesù ha detto “oggi” perché “Io sono! Io sono il respiro del Dio fedele che chiama alla piena comunione con sé”.

Come l'uomo vive ogni giorno perché respira, così il credente ogni giorno risorge in Gesù, con Gesù e come Gesù.

Noi siamo già nell'ultimo giorno, stiamo aspettandone la definitività pienamente liberante dalle contingenze storiche.

Questa concezione è la bellezza della nostra esperienza di fede: lasciarci invadere dal Maestro facendo sì che la nostra vita sia veramente in sintonia con lui.

Quando moriremo, saremo nella pienezza della risurrezione. Il morire è la pienezza del vivere.

Quando l'uomo sta per morire, in quel momento pone il massimo atto della sua libertà: consegnare se stesso all'invadenza di Gesù per poter gustare eternamente il suo volto.

Ma tutto questo dipende da come oggi sappiamo nella nostra esistenza lasciarci trasfigurare da questa misteriosa realtà. Il cristiano non si pone il problema del quando morirà, il cristiano sta già gustando la gioia e la bellezza di vivere. Non per niente Gesù ha detto: “Io sono la risurrezione e la vita”, perché Gesù è la vita e la vita non conosce la morte. L'uomo affascinato dalla vita non muore!

L'uomo affascinato dalla vita è in una comunione che non finirà mai.

L'uomo che vive non conosce il morire, anche se sa che ci sarà un cambiamento, ma nello stesso tempo è consapevole che non sarà mai interrotto il mistero della vita.

In questo dinamismo, scopriamo che la bellezza della fede è questa vitalità di Gesù dentro di noi, credere è gustare con tutta l'intensità della nostra umanità, con tutte le sue caratteristiche questa azione trasfigurante di Gesù che continuamente ci dice: “Io sono la risurrezione la vita”. "Chi crede in me, non conoscerà la morte!". Chiunque accoglie nella sua persona il Risorto e in lui costruisce ogni istante è già nel percorso attivo della risurrezione definitiva.

Ecco perché Paolo nella lettera ai Filippesi dice di essere indifferente alla morte e alla vita. Egli dice: "Io preferirei morire perché vorrei per sempre stare con il Signore però, se il mio vivere è per la vostra gioia devo ancora vivere, continuerò a vivere tra voi." Il principio di Paolo è Gesù, quello Spirito del Risorto che opera intensamente nella nostra esistenza e ci dà la capacità di camminare. Quando ci ritroviamo nella vita con le oscurità dell'istante, ripetiamoci continuamente “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore vivrà”. E allora questo atto di speranza ci aiuterà sempre.

Quando ci accosteremo all'eucaristia, il Risorto, se lo sapremo accogliere con tutta l'intensità della nostra fede, diventerà vita in noi e avremo una luminosità interiore che non ci farà mai temere alcuna paura perché nell'eucaristia c'è la vita e la risurrezione. La bellezza dell'eucaristia è questa comunione con la Vita che ci dà il gusto della vita. Camminiamo in questa visione che è ricca di speranza perché ci fa dire che i guai della vita sono di un istante, ma il Signore è il Signore e il Signore è un'eternità già presente. Viviamo questo mistero nella semplicità e nei limiti delle nostre storie, certi che Gesù, in noi, è così grande che basta che gli diciamo: “ti amo Gesù, con tutto me stesso” e allora percepiremo quell'amore che è vita, che è risurrezione, che è pregustazione di quel paradiso che noi tutti intensamente desideriamo.

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