07 maggio 2017

IV DOMENICA DI PASQUA – (ANNO A)

At 2,14.22-23                     1 Pt 1,17-21                 Lc 24,13-35
OMELIA
Il cristiano è chiamato a entrare nel mistero di Cristo, acquisendo progressivamente la sua sensibilità per poterne conoscere le parole, comprenderne il significato e, di riflesso, gustare la vita.

Per entrare in questa meravigliosa esperienza oggi Gesù ci offre l'immagine della “porta”.

Per ben tre volte nel brano evangelico che abbiamo ascoltato appare l'immagine della "porta" che è rivelativa della identità del Maestro, poiché chi entra per quella porta accede ai pascoli del regno. E’ molto bella l'immagine usata da Gesù “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo". In Gesù "porta", il battezzato troverà la propria armonia e identità. L'immagine a cui Gesù si richiama è l'immagine della chiusura dell'accesso dell'umanità al paradiso terrestre a causa del peccato di Adamo ed Eva. Due angeli con spade infuocate impedivano l'accesso al giardino della felicità. Ai due angeli della chiusura si sostituiscono i due angeli della risurrezione e il Cristo risorto spalanca la porta del regno all'intera umanità.

L'umanità era stata esclusa dalla comunione vera con Dio. Gesù ora è la porta, ha aperto l'accesso all'evento del regno e l'uomo può gustare veramente la propria libertà, la propria armonia, la propria signoria sugli avvenimenti della storia. Quando accogliamo l'immagine della porta, dobbiamo cercare di entrare in tale immagine per coglierne tutto il significato: Gesù è la porta perché noi abitiamo nella porta. E’ l’essere in lui che vuol dire essere la porta!

Questa visione viene ulteriormente evidenziata dal linguaggio usato questa mattina da Giovanni.

Se abbiamo notato, l'evangelista utilizza continuamente l'aggettivo possessivo quando parla delle pecore: le sue pecore, le mie pecore, ascoltano la mia voce, "Egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori". Queste espressioni ci aiutano a comprendere ulteriormente perché essere nella porta che è Gesù, sta nell'essere posseduti da Gesù. Gesù non è una porta estrinseca, Gesù è colui nel quale noi accediamo alla bellezza e alla profondità della vita. Giovanni da questo punto di vista, nella originalità con la quale descrive Gesù in croce, ci aiuta a entrare ulteriormente in questa immagine: guardare il cuore trafitto di Gesù.

Il cuore trafitto di Gesù in croce è la porta delle pecore perché in quella ferita del costato, cogliamo il cuore di Gesù. In quel momento entriamo nella vera libertà. Il fatto che l'evangelista utilizzi l'immagine dell'entrare e dell'uscire (i due verbi indicano una contrapposizione e perciò sottolineano la totalità liberante dell'agire dell'uomo) vuole ritradurre la coscienza all'interno della Chiesa che l'accesso all'autenticità della vita, alla libertà del cuore, all'armonia interiore è qualcosa che nasce dal penetrare con tutto noi stessi nel cuore di Gesù.

La vera libertà è un fatto di cuore, è nel cuore che l'uomo gusta l'autenticità della propria esistenza e Gesù lo ha detto molto bene: “Io ho il potere di dare la vita e il potere di riprendermela”.

La porta che è Cristo Signore conduce alla libertà, ecco perché il cristiano quando vuole cogliere il senso della sua esistenza contempla il volto del Cristo e in lui e come lui ritrova la bellezza e il gusto della libertà.

L’uomo delle ansie rivela la non libertà e l'uomo di oggi è un grande ansioso perché, fondamentalmente, non ha il gusto di abitare in Cristo, non ha il gusto di vivere l'aggettivo possessivo: siamo le sue pecore, noi siamo suoi e quando noi entriamo nella convinzione che siamo suoi, di che cosa abbiamo paura?

L'altra immagine che ci ha offerto l'inno che abbiamo ascoltato nella seconda lettura, a tale riguardo, è molto significativa. Noi dobbiamo mettere i nostri piedi sulle orme di Cristo e quando noi mettiamo i piedi sulle orme di Cristo, abbiamo la certezza di non sbandare mai. Potremmo usare l'immagine del camminare su un ghiacciaio: la guida ti dà il luogo dove mettere il piede e l'alpinista procede sicuro. Così noi mettiamo la nostra esistenza sulle orme di Cristo e giungiamo sicuramente all'autentica libertà. La libertà è stabilire una meravigliosa circolarità tra noi e l'evento Gesù. La libertà è la comunione dei diversi, dove ognuno adora l'identità dell'altro in Cristo Gesù.

Allora ci accorgiamo come la bellezza della vita, quando la vogliamo cogliere in tutta la sua vitalità, sia nient’altro che entrare in questa circolarità di libertà.

Forse noi non ci alleniamo troppo alla convinzione che siamo suoi, che in lui e con lui accediamo al giardino della vita… Non per niente il brano evangelico si conclude con quella meravigliosa affermazione “Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” e la vita che cosa è in Giovanni? La vita è la comunione Padre-Figlio nella quale siamo inseriti e quando l'uomo è inserito in una profonda esperienza di comunione supera tutte le sue paure. Dove c'è comunione c'è libertà, dove c'è comunione c'è certezza di non solitudine, dove c’è comunione si comincia a sognare. Gesù, utilizzando l'immagine del pastore e delle pecore, commentato dal salmo 22, ci offre una esperienza meravigliosa: il salmista dove pregava quel salmo, che ci dà l'immagine di una fecondità messianica? Il salmista recitava quel salmo nel deserto pietroso della Giudea: sognava i giardini messianici in un deserto pietroso e questo ci fa dire che nel momento in cui ci accostiamo a Gesù, se la vita è un deserto arido e pieno di pietre, tuttavia, in Gesù, il cuore lo rende un giardino! Su questo sfondo, Gesù è la porta delle pecore che ormai ha di nuovo aperto il giardino dell'Eden che ci porta ai pascoli della vita eterna: la comunione gloriosa!

E allora Gesù ci fa accostare al frutto dell'albero della vita.

Ecco perché il cristiano è un uomo di grande fiducia perché non si appartiene, ma appartiene a Colui nel quale vive e attraverso il quale ritrova il gusto della libertà in una armonia feconda che è la bellezza della fede. Credo che il Signore oggi ci dia uno slancio, ci permetta di andare al di là dei deserti pietrosi della nostra esistenza e ci faccia sognare in lui i giardini fecondi del paradiso terrestre. Allora entrando in questa esperienza interiore non dobbiamo mai avere paura.

Chi ha paura non ama la bellezza di essere discepolo.

Entriamo in questo cuore di Gesù, la porta delle pecore, camminiamo in novità di vita per cui l'eucaristia è il frutto dell'albero della vita che ci dice: “Sei il mio capolavoro!”

E allora l'eucaristia non diventa più un semplice "fare la comunione", ma diventa un entrare nella comunione feconda del rapporto Padre-Figlio nello Spirito Santo.

Questo sia l’entusiasmo che Gesù questa mattina ci potrebbe regalare in modo che "Se ti senti solo, sappi che sei abitato dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo; se sei nel buio sei nella luce intramontabile, se sei nell'ansia esistenziale hai la sicurezza che non ti delude" e allora lo sguardo rivolto a Colui che hanno trafitto diventa la grande forza e speranza della vita.

Viviamo così questo mistero proprio nella serenità del cuore e allora ogni volta che entriamo in casa e passiamo attraverso una porta, quella porta è Gesù e in quel momento diciamo “Ti appartengo!”, comunque le cose vadano in casa. Diciamo sempre “Ti appartengo!”

Questa sia la grande forza che Gesù ci vuol regalare questa mattina per camminare nella serenità del cuore e crescere giorno per giorno nella vera libertà presente nelle nostre persone.
 
 
 
 
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