25 giugno 2017

XII DOMENICA T.O. – (ANNO A)

Ger 20,10-13          Rm 5,12-15 Mt 10,26-33
OMELIA
Gesù, dopo averci educati a contemplare il suo mistero lasciandoci trasfigurare dalla grandezza del suo amore nelle festa della SS. Trinità e del Corpus Domini, oggi ci chiama a un intenso cammino di responsabilità: testimoniare l'amore divino che Gesù ci comunica. Nell'oscurità della storia, nelle difficoltà della vita, nei terremoti del cammino quotidiano il cristiano è chiamato a testimoniare la persona di Gesù, come il vero senso della vita. Se da una parte viviamo le tenebre del quotidiano con tutte le sue paure, dall'altra parte siamo chiamati a inserirci in modo sempre più profondo nella interiorità di Gesù poiché nella figura di Gesù si sconfiggono le tenebre, si acquista la speranza, gustiamo la bellezza e la novità di Dio.

Questa mattina vogliamo diventare alunni di Gesù su due aspetti della sua personalità perché possiamo veramente godere di una luminosità interiore molto più profonda delle oscurità nelle quali la storia tante volte ci colloca o ci travolge. Ci sono due aspetti luminosi del Vangelo che non sempre riusciamo a focalizzare nella nostra esistenza a riguardo della identità di Gesù: è la bellezza che diventa la bontà di Dio.

Davanti al buio della storia siamo stimolati a ritrovare la bellezza di Dio, davanti all'egoismo contemporaneo siamo condotti a gustare la bontà inesauribile di Dio. Chi diventa alunno della bellezza e della bontà di Dio è una persona che davanti agli uomini dirà che Gesù è Signore.

Ma cos'è questa bellezza che caratterizza Gesù e che deve caratterizzare la vita di ogni cristiano?

Gesù è una bellezza che ci affascina e che si diffonde nella libertà del cuore. Gesù è uno che “prende la persona”, l'incontro con Gesù non è un incontro fatto di parole, fatto dai ragionamenti, ma è un incontro che nasce da una bellezza che invade il nostro cuore e, quando l'uomo è avvolto da una bellezza, la vita ha tutta un'altra risonanza, perché la bellezza della persona umana è nient'altro che il riflesso della gloria di Dio. Il cristiano è la bellezza vivente di Dio poiché essa è uno slancio, una tensione verso qualcosa di grande in cui la nostra esistenza ritrova la sua serenità. Essere nella bellezza è essere nella tranquillità del cuore, essere nella luminosità di qualcosa di eccezionale, la bellezza è l'uomo che ritrova l'armonia della sua persona.

Perché l'uomo di oggi è così stanco e si lascia facilmente catturare dalle contingenze del quotidiano?

Egli non ha il gusto di avere questo slancio interiore che è gustare la bellezza di Dio, che va al di là del buio delle realtà di tutti giorni. La bellezza è un infinito presente in noi che continuamente fiorisce. L'uomo quando è affascinato dal bello ha un'altra percezione della vita, anche se si trova in tante difficoltà, in tanto buio, in tanta tristezza. Quando fa la scelta di essere affascinato dalla bellezza di Dio, che è la gloria del Padre, l'anima ha una risonanza interiore totalmente diversa. Proprio quando per tanti motivi ci sentiamo appesantiti dalla vita abbiamo la bella inquietudine di bramare la bellezza, il “Bello”, l’ infinito,  il volto di Dio dove l'uomo sa di essere immerso in qualcosa che non ha confini.

Vivere l’oggi di Dio è viverne la bellezza. Questo sentimento spirituale nell'ordine evangelico è legato a una storia ben concreta: il Crocifisso è la vivente bellezza di Dio poiché Gesù sulla croce è tutto obbedienza e comunione con il Padre per l'amore infinito che ha per ogni uomo.

Il cristiano in Gesù crocifisso e glorioso vede la bellezza di Dio e la bellezza non è un fatto estetico, la bellezza è un fatto di cuore che vive intensamente l'unione con l'ineffabilità di Dio. E' il cuore stesso di Gesù. Quando l'uomo entra nella bellezza di Dio, anche se, per certi motivi, ha l'affanno della vita, incomincia a respirare qualcosa che gli dà il gusto di un'esistenza che è la capacità del quotidiano. Ecco perché è bello per il cristiano entrare in questo “Gesù che è la bellezza di Dio” dove la bellezza è la comunione, l'unione, il fascino della fonte della vita.

Di riflesso, quando l'uomo entra in questa bellezza, in certo qual modo si sopraeleva davanti alla difficoltà della storia, dalla bellezza nasce la bontà e la bontà è la presenza del divino nell'ordinario.

La bontà è il gusto del fascino di Gesù incarnato nelle piccole cose di ogni giorno.

Quando il cuore è elevato in qualcosa che lo prende, immediatamente il cuore non fa nient'altro che porre piccoli segni di questa esperienza che è la bontà. La bontà è il linguaggio della bellezza del cuore.

Spesse volte abbiamo dell’ esperienza cristiana una visione che si presenta come un qualcosa di pesante, come una serie di precetti a cui occorre ubbidire per cui, le tribolazioni della vita tendono a soffocare l'anelito più profondo verso la vita. Quando l'uomo canta il bello, avverte nel suo cuore una tale rigenerazione che lo rende in certo qual modo “assente” davanti alle conflittualità e che vive il gusto di voler bene. Chi ha il gusto del bello è un cuore che ama all'infinito perché la bontà è nient'altro che il divenire di questa bellezza divina che ci affascina e ci affascina continuamente. Se riuscissimo nel nostro piccolo a entrare in questa bellezza e bontà divine, potremmo camminare nel tempo, nella storia senza lasciarci tanto condizionare. Quando l'uomo entra nella bellezza che diventa bontà supera tutte le paure. Il problema è di dove orientiamo gli occhi del cuore e quando l'uomo orienta gli occhi del cuore in questa grandezza divina non ha più la paura. L'uomo, quando è affascinato del bello, dal suo cuore spunta inevitabilmente una bontà inesauribile.

In questa situazione il Signore ci dice che l'essere cristiani è cantare quella gioia del cuore come l'uomo che, davanti a un quadro artistico o a un concerto musicale è inebriato e quando l'uomo è inebriato anche se la vita è spesso dura è già nella luce.

Qualche volta questa metodologia della fede noi non la evidenziamo molto bene perché siamo forse troppo accaparrati da un cristianesimo che quasi ci soffoca nel fare tante cose o nell'apparire.

Abbiamo in questo momento una gioia: Dio ci regala di sognare vivendo intensamente questa bellezza del cuore per essere la bontà di Dio e allora in questo riconosceremo che siamo suoi e lui ci dirà: “Va dal Padre e non temere”.

È la bellezza di questa mattina mentre celebriamo la divina eucaristia. L'eucaristia è il canto alla bellezza trinitaria e il canto nel fascino che proviene dalla grandezza divina non è altro che la bellezza di lasciarci attirare da questo Gesù dal quale nascono le piccole grandi azioni di ogni giorno che sono la dolcezza di Dio regalata ai fratelli.

Questa è la vera bellezza-bontà che nasce dalla fecondità eucaristica del Cristo crocifisso e glorioso. Quando, come ha detto giustamente l'apostolo Paolo, ci lasciamo prendere dalla sovrabbondanza della ricchezza, della bellezza e della bontà di Dio in Gesù Cristo, la vita ha una risonanza ben diversa. Allora, anche se la carne e il sangue soffrono per la complessità della situazioni storiche, il cuore sa di gustare una luce: la bellezza ineffabile di Dio nel cuore e un canto alla gioia di vivere nonostante noi e le nostre vicende quotidiane. Questa sia la bellezza gioiosa di questa eucaristia in modo che l'eucaristia sia un rifacimento esistenziale e continuo della nostra storia che si lascia penetrare dalla grandezza di Dio. Quando ci lasciamo penetrare da questa grandezza di Dio, la bellezza di Dio in noi diventa il godere la bellezza di Dio che è il fratello, la bellezza di Dio che è il creato, la bellezza di Dio che siamo noi, e quando l'uomo eucaristicamente entra nella bellezza trinitaria la sua vita diventa un canto di libertà.

Viviamo questo sogno, che dà entusiasmo nell'attuale grigiore esistenziale. E' bello sognare in Gesù, per poter proprio camminare nella speranza che viene dall'alto, certi che non saremo mai delusi: le tristezze della vita si vivono godendo la bellezza ricca di bontà di Dio in ciascuno di noi.
 
 
 
 
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