30 luglio 2017

XVII DOMENICA T.O. – (ANNO A)

1 Re 3,5. 7-12     Rm 8, 28-30     Mt 13, 44-52
OMELIA
Gesù, attraverso le parabole, ci ha introdotti nel suo mistero perché potessimo acquisire la sua sapienza.

Infatti la diuturna familiarità con Gesù, il vivere nella fede in una intensa relazione con lui ci porta inevitabilmente ad acquisire la sua mentalità, la sua sapienza perché l'uomo acquista una sensibilità non attraverso tante parole, ma l'uomo acquista la sua autentica sensibilità attraverso una relazione profonda con le persone che gli stanno accanto. Questo è il metodo che ha usato il maestro Gesù il quale, nel cammino della nostra esistenza, continuamente e ancor oggi si rapporta con noi perché progressivamente acquisiamo il suo sentire. Noi tutti siamo destinati ad avere quel “cuore nuovo di Cristo” in modo che le nostre persone siano il riflesso della sua immagine, anzi, quanto più acquisiamo l'immagine di Gesù, tanto più nel nostro modo di “leggere” la storia diventiamo quegli uomini nuovi che rendono nuovo il modo di costruire e di leggere il quotidiano. Infatti, cosa vuol dire avere la mentalità di Gesù, acquisirne la sensibilità se non riuscire ad avere il cuore stesso di Gesù che, in noi, ama comunicarci la sua stessa intenzionalità? Solo attraverso questa intensa relazionalità potremo far nostre le sue intenzioni e godremo d'avere la capacità di amare e di leggere il mondo come lo ama e lo legge lui.

Questo è un principio fondamentale della vita cristiana poiché il discepolo quando vuole ritrovare se stesso deve lentamente diventare la sensibilità del Maestro. Una simile convinzione ci conduce a comportarci come Salomone supplicando in un intenso cammino di fede che ci venga donata la sapienza del cuore. Dobbiamo, infatti, acquisire lentamente lo stile di vita di Gesù perché il cristiano è un cuore che sceglie, una parola che si comunica, un gesto che si incarna. Gesù fa così con noi ogni giorno.

Attraverso un simile stile di intensa relazionalità esistenziale realizzeremo la vocazione che l'apostolo Paolo ci ha ben delineato con quell'affermazione: “Il Padre ci ha predestinati a essere conforme all'immagine del Figlio suo perché egli sia il primogenito tra molti fratelli”.

In certo qual modo la nostra esistenza deve lentamente diventare talmente la sensibilità di Gesù che quando noi incontreremo il Padre possa di noi dire: ecco il volto del mio Figlio!

È il grande fascino dell'avventura della fede in cui noi siamo chiamati a entrare.

Ma questo come è possibile?

Possiamo acquisire una simile mentalità attraverso tre passaggi che dovremmo imprimere nelle nostre persone in modo che possiamo veramente acquisire la sensibilità di Gesù. Innanzitutto dobbiamo fare in modo che siamo in sintonia di cuore e di mente con il Risorto. Il discepolo è colui che ama far abitare il Maestro nella sua vita e non riesce più a vivere senza la presenza del Maestro. Infatti quando il cuore veramente ama, non può vivere senza la persona amata: il discepolo non può vivere senza il Maestro.

L'ascolto della parola di Gesù, il condividerne l'interiorità diventano essenziali perché possiamo acquisire questa meravigliosa sintonia con il Maestro. Dovremmo avere una tale sintonia che la nostra esistenza dovrebbe diventare come le corde tese di un violino: davanti al qualunque vibrare della storia dovremmo far emergere la tonalità del Signore. Allora riusciremmo a comprendere che l'essere cristiani è una intimità con Gesù che ci permette d'interpretare la vita nella libertà del cuore.

Ma questo è possibile attraverso il secondo passaggio: vivere come è vissuto Gesù.

Quello che Gesù ci ha donato nelle parabole deve essere e divenire il criterio per costruire o per ricostruire continuamente la nostra vita vivendola come Gesù. È quell'esperienza a cui accennavamo nelle domeniche scorse dove il cristiano, quando guarda Gesù, dice: ecco il mio vissuto! Perché quel vissuto è la bellezza della vita. La mentalità si costruisce attraverso il vissuto perché il vissuto è il momento nel quale tutta la ricchezza interiore incarnandosi diventa una realtà che noi lentamente acquisiamo.

Amiamo rapportarci sempre con Gesù e i fratelli amando la storia quotidiana per divenire in modo autentico Gesù, vero Dio e vero uomo.

Se, davanti a questo orizzonte, noi ci sentiamo creature povere, abbiamo tuttavia la ferma convinzione che Gesù stesso in noi sta lavorando per seminare e dilatare le sue meraviglie. Quando qualche volta affermiamo che l'esperienza cristiana è estremamente ardua per noi, in quel momento, abbiamo una piccola dimenticanza: Gesù sta operando in noi. Una verità della fede che dovremmo lentamente acquisire è che il Signore, quando entra nella nostra vita, è già presente ogni volta che ci fa delle proposte perché lui è veramente attivo nella nostra esistenza.

Se cogliessimo queste tre sfumature, intuiremmo che la nostra preghiera rivolta a Gesù - perché la sua sapienza diventi l'anima della nostra anima -, risulterebbe una verità consequenziale. D'altra parte quando Paolo ci ha detto che dobbiamo essere conformi all'immagine di Gesù Cristo il primogenito dei nostri fratelli, subito dopo ha poi offerto al nostro sguardo lo stile di vita di Gesù nei nostri confronti attraverso quattro participi passati: predestinati, chiamati, giustificati, glorificati, dove questi quattro participi passati mettono in luce l'operatività di Dio dentro di noi. Se dall'eternità il Padre ci ha chiamato in Cristo Gesù e dall'eternità ci ha sognati in Cristo Gesù, egli ha voluto chiamarci nella nascita a essere il suo volto! Davanti un bambino che nasce, quel bambino, è chiamato dall'eternità a essere il volto di Gesù. La conseguenza sarà che la vita sarà un essere continuamente costruiti dallo Spirito Santo perché possiamo veramente diventare quel volto misterioso: la luminosità esaltante del volto del Risorto.

La bellezza della vita è nient'altro che costruire lentamente quel volto del Maestro attraverso le scelte di tutti i giorni che ci introducono nella mentalità di Gesù e, di riflesso, siamo glorificati nella luminosità eterna del paradiso nella quale il Signore eternamente darà compimento al suo progetto su di noi. L'unica cosa che il Signore ci chiede è di non avere mai lo sguardo distolto da lui, attraverso una intensa supplica perché quella sapienza, quella interiorità del Maestro diventi veramente la nostra interiorità, diventi il criterio su cui costruire la nostra vita.

La bellezza di ritrovarci oggi nell'eucaristia è la bellezza di ritrovarci in una condizione per essere rigenerati nella sua sapienza. Il Signore è qui in mezzo a noi e si rapporta con noi. La bellezza di entrare nell'eucaristia è l'ebbrezza di percepire Gesù che si rapporta con noi e si rapporta in modo così profondo da darci la sua interiorità, la sua parola, a sua persona, il suo mistero di amore. Gesù nella sua parola ci ricolma della sua sapienza, che diventa sapienza trasfigurante assumendo il suo Corpo e il suo Sangue. Il cristiano quando esce dall'eucaristia ha un po' di più la mentalità di Gesù. Il cristiano, quando vuole veramente verificare la propria esistenza, deve sempre guardare il battito del suo cuore chiedendo a se stesso se il battito del cuore, è quello di Cristo.

Se noi riuscissimo lentamente a entrare in questa conversione, orientandoci abitualmente alla persona di Gesù, ci accorgeremmo che la vita è un sorriso eterno che ama e legge la storia con tanta pazienza, con tanta speranza, con tanto coraggio, con infinita fiducia. Il mistero che vogliamo vivere e condividere ci condurrà a una liberante conclusione: in questa libertà che imita il cuore e la mente di Gesù, noi possiamo come lo scriba scegliere cose antiche e cose nuove perché chi ha colto il nucleo fondamentale della sua vita non ha paura, ha il criterio di discernimento, ritrova in tutto la bellezza di Dio e nelle cose nuove e nelle cose antiche.

Camminiamo, Gesù è con noi, non abbiamo paura e l'entusiasmo di Gesù è la speranza in ogni frammento della nostra storia.
 
 
 
 
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