03 settembre 2017

XXII DOMENICA T. O. – (ANNO A)

Ger 20, 7-9     Rm 12, 1-2    Mt 16, 21-27
OMELIA
Il cammino della fede anima la storia del discepolo e in queste domeniche la Chiesa ci sta educando a contemplare in modo vivo e vivace la figura di Gesù per entrare sempre più nel suo mistero che rappresenta la sorgente della nostra esistenza evangelica. Domenica scorsa la professione di fede in Gesù in tutta la sua paradossalità l’abbiamo vissuta nella profonda convinzione che siamo in una costante scuola di autentica liberazione interiore.

La bellezza della fede si costruisce in un costante cammino nel quale il Cristo ci dona la sua libertà, liberandoci continuamente dai nostri condizionamenti. Qui veniamo ulteriormente stimolati a seguire Gesù nella attrazione che Dio opera nel cuore di Geremia.

La potenza dello Spirito Santo opera in noi in un itinerario che ci permette di comprendere in tutta verità che solo l'azione divina in noi rappresenta il clima per vivere una libertà che l'uomo contemporaneo non riesce più a darsi o a ritrovare nel contesto culturale odierno. Seguire Gesù vuol dire superare i condizionamenti che ci rendono schiavi del momento presente per entrare in una esperienza di esodo che, giorno per giorno, ci rende sempre più docili allo Spirito che riplasma la nostra interiorità rendendoci sempre più simili al Maestro divino.

In questo contesto di esodo noi siamo collocati nella nube che ci richiama ogni giorno la viva presenza delle tre Persone divine che ci conducono a fare un passo in avanti, per entrare in una profonda esperienza di fede, perché il Cristo divenga veramente vita della nostra vita. E' il grande ideale al quale l'apostolo Paolo ci rimanda perché il cammino nel processo di liberazione possa essere autentico: “Vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale”. Questo testo riassume tutto l'ideale di un vissuto che voglia veramente essere evangelico. Immersi nell'amore creativo del Padre, il Cristo vive in noi, con noi e per noi la sua esistenza di donazione al Padre e all'umanità. Solo così possiamo rendere vero il nostro cammino di fede, poiché l'interiorità del Cristo è attiva in noi e ci permette d'essere veramente in sintonia con Gesù. Dovremmo profondamente riscoprire il fatto che il Risorto in noi rivive la tutta sua esistenza, rendendola partecipe a ciascuno di noi, se nella fede entriamo nel suo cuore innamorato del Padre e dell'intera umanità.

L'apostolo ci richiama continuamente nei suoi scritti che il culto, prima d'essere un rito, è uno stile di vita interiore dove ogni linguaggio del quotidiano è:

·        un olocausto di rendimento di grazie in cui facciamo l'esperienza di voler crescere nella appartenenza al suo amore,

·        un momento di rinnovamento della comunione fraterna,

·        una purificazione dell'uomo vecchio che si sente chiamato a entrare nella autentica libertà del cuore.


Chi fa l’atto di fede deve vivere come Lui è vissuto e la concretezza della sua storia è un culto a Dio gradito.

Scegliere il Cristo è vivere come il Cristo: vivere la sua morte per condividere la sua risurrezione. Qui è il nucleo essenziale dell’esistenza.

Se guardiamo effettivamente il cammino della nostra vita intuiamo questa profonda verità: l’uomo ha la vita da Cristo ed è chiamato ad arrivare alla pienezza di Cristo.

Quando entriamo nella verità della fede partiamo dal Cristo per giungere al Cristo perché la fede o è radicata in questa meta, in questa finalità - da lui a noi e da noi a Lui – diversamente la nostra esistenza non si costruirebbe affatto. Dobbiamo, nella viva imitazione del Cristo, costruire la nostra esistenza per gustare il significato della nostra appartenenza a Lui.

Noi viviamo in Gesù, per Gesù, e con Gesù poiché l’itinerario di vita che ci porta progressivamente a essere trasfigurati in Lui ha queste tre caratteristiche: viviamo in Lui, con Lui, per Lui.

La fede si costruisce attraverso cinque preposizioni:

*da Cristo è la vita,

* in Cristo la costruiamo,

*con Cristo la maturiamo,

*per Cristo accediamo al Padre,

*a essere a Cristo configurati.

Questa è la bellezza attorno alla quale ruota l’esperienza della nostra fede.

Noi viviamo solo di Lui e del suo mistero ma davanti a questo orizzonte, come noi possiamo avere una effettiva capacità per poter veramente elaborare una vita di fede, dove progressivamente veniamo in Lui trasfigurati?

La risposta ce l’ha data molto bene il profeta Geremia, come si è visto all'inizio. Questa esperienza si costruisce in un mistero di attrazione in base alla quale, al di là delle difficoltà che il seguire Cristo comporta, noi stiamo vivendo il fascino di Cristo e non ci deve mai abbandonare.

Il credente è colui che non può vivere senza Cristo. Ecco perché noi quando nelle difficoltà della fede potremmo cadere nel rischio - come Geremia -  di allontanarci dal Signore, il fascino della sua presenza ci dà il coraggio della sequela, l’essere in Lui e con Lui è più importante dei concreti avvenimenti della storia quotidiana!

Qualunque siano le croci, il Signore c’è e attraverso questa centralità del Signore noi ritroviamo effettivamente il significato portante della nostra esistenza.

Noi non siamo chiamati ad amare la croce, siamo chiamati ad amare Cristo che porta la croce!

La croce in se stessa può risultare deprimente. Se invece viviamo di Cristo, in Lui, con Lui e per Lui, viviamo quel mistero di amore che vive della croce gloriosa del Cristo.

Se la nostra fede entra in questa visione ci accorgiamo che la bellezza della fede è sentirci progressivamente trasfigurati nel Maestro. L’atto di fede diventa vita credente, scegliere Cristo vuol dire “diventare” Cristo.

Le difficoltà che tante volte incontriamo fin dal mattino è che noi non abbiamo sempre l’orizzonte del cuore pienamente rivolto a Lui!

Siamo spesso distratti dalle cose, appesantiti dagli interrogativi della vita, dalle paure dell’esistenza e non abbiamo questa concentrazione.

Ecco perché il cammino della fede diventa un’avventura esaltante di imitazione concreta del Cristo. Quello che è capitato a Lui, interiormente ed esistenzialmente capita anche a noi, perché il discepolo non è da meno del Maestro.

Se hanno trattato così Cristo, tratteranno così anche noi…….

Questa mattina ci ritroviamo nell'eucaristia a celebrare continuamente il desiderio di diventare Gesù Cristo, di maturare nel sacrificio vivente, santo e gradito a Dio che è stata la sua esistenza..

Il rito dell’Eucaristia è un atto di fede: “Signore, senza di Te non posso più vivere, la tua Persona è l’anima della mia persona!”

E’ quello che ritualmente noi tra poco porremo.

Nel momento della comunione ci sarà offerto, nel pane e nel vino, il Corpo e il Sangue del Signore, e in quel momento diremo: Amen! I nostri sentimenti potranno così essere espressi: “Tu sei l’unico fascino della mia vita, con la tua morte e risurrezione, senso della mia storia. Ricolmami della tua Presenza perché io sia veramente trasfigurato in Te”.

Questo sia il mistero che, nello Spirito Santo, insieme vogliamo celebrare, in modo che la nostra vita, trasfigurata in Lui possa veramente ogni giorno camminare in novità di vita, mentre siamo in attesa di poter eternamente contemplare il volto del Padre.
 
 
 
 
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