10 settembre 2017

XXIII DOMENICA T. O. – (ANNO A)

Ez 33,1.7-9  Rm 13,8-10 Mt 18,15-20
OMELIA
La gioia di gustare la presenza del Signore è la caratteristica di ogni comunità cristiana e di ogni discepolo.

Se guardiamo attentamente il Vangelo di Matteo, ci accorgiamo che esso si apre con la profezia del “Dio con noi - l'Emanuele”, si costruisce attraverso un testo che abbiamo ascoltato “quando due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro”, in cui si contempla il vissuto della comunità cristiana, e l'evangelista conclude la sua narrazione con la meravigliosa affermazione “io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei secoli”. La bellezza dell'essere discepoli si ritraduce nel gustare la divina presenza attraverso la gioia del perdono reciproco e la vita di comunione. Si rivela sicuramente interessante leggere quello che l'evangelista ha affermato a conclusione del brano: “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.

Davanti a questa lettura globale dell'esperienza dell'evangelista Matteo, c'è un particolare nel brano che abbiamo ascoltato che ci aiuta a intuire quale sia il clima per gustare la presenza del Signore poiché, nella bellezza della rivelazione, Dio liberamente e gratuitamente si regala, ma l'uomo può sperimentare questa presenza attraverso la sua esperienza di discepolo che accoglie un simile dono attraverso una particolare situazione spirituale. La presenza del Signore è una presenza in un clima di comunità. Ma qual è il clima nel quale Gesù ci vuol collocare questa mattina perché la sua attualità in mezzo a noi sia fonte di una grande gioia?

L'evangelista nel brano che abbiamo ascoltato così si è espresso: dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sarò in mezzo a loro.

La bellezza della presenza di Gesù è di essere riuniti nel nome di Gesù.

Ma cos'è il nome? Cosa vuol dire “nome di Gesù”?

Il nome nel linguaggio biblico indica la persona; ecco perché abbiamo ascoltato nel testo dell'alleluia la bellezza della contemplazione di Gesù “Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo”. Nello stesso tempo è significativo comprendere il valore del nome “Gesù”. Nel sogno di Giuseppe all'inizio del vangelo di Matteo troviamo questa interpretazione: egli salverà il suo popolo dai suoi peccati.

Potremmo ritradurre perciò la frase dell'evangelista Matteo così: quando due o tre si regalano il perdono, si scambiano la fiducia esistenziale, si regalano la gioia di vivere “Io sono in mezzo a loro”.

Il fatto stesso di essere insieme non vuol dire che noi gustiamo la presenza del Signore.

Noi possiamo gustare la presenza del Signore attraverso la gioia di regalarci la fiducia che genera il perdono e nasce dal perdono.

L'evangelista è giunto a questa affermazione al termine di un ragionamento. Infatti nel brano che abbiamo ascoltato Gesù ha detto rivolgendosi alla comunità cristiana: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo. Se ti ascolterà avrai guadagnato un tuo fratello”.

La domanda che dovremmo porci seriamente è questa: cosa vuol dire ammonire il fratello?

Noi quando sentiamo quest'espressione "ammonire il fratello ", magari sull'eco del linguaggio del profeta Ezechiele, potremmo interpretare così: il mio amico ha sbagliato, gli dico: hai sbagliato! Questa non è correzione evangelica.

Cosa ha detto Gesù nella frase “se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui”?

Gesù ha sì utilizzato queste espressioni, ma noi ne cogliamo il senso più profondo partendo dal testo greco: "se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’  assumi la sua persona, assumi il suo dramma interiore, entra nella sua sensibilità e dopo gli rivolgi il rimprovero".

Dove non esiste l'interiorizzazione del dramma dell'altro, se non esiste l'assunzione della personalità del fratello, non posso dire: sbagli! perché il fratello è un mistero da adorare. E’ importante questo, il fratello è un mistero da adorare, adorare nel senso di accogliere nella profondità della mia esistenza il fratello così come è. Se non accogliamo l'altro nella sua identità non possiamo parlare. Il nostro parlare presuppone che entreremo nell'interiorità dell'altro, ne comprenderemo il mistero e nella nostra povertà gli offriremo quello che gli può servire per essere il volto luminoso di Cristo. Se non aiutiamo il fratello a essere il volto luminoso di Cristo come potremo rimproverarlo?

A tale scopo l'esemplarità di Gesù è molto stimolante. Egli venendo ad abitare in mezzo a noi ha assunto il nostro peccato e le nostre schiavitù per donarci vita e libertà. Nell'ambito del testo di Matteo potremmo dire: chi si incarna nella vita del fratello, chi gusta la diuturna familiarità nel perdono con il fratello, può dirgli che sta sbagliando perché desidera fare il vero bene evangelico del fratello. Ed è così intensa e dinamica questa visione dell'evangelista Matteo che a quell'affermazione dell'ammonire ne segue una ancor più fonte di intensa riflessione interiore: “quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo”. Noi tante volte ne riduciamo il grande significato perché pensiamo che questo testo si richiami al quarto sacramento. In questo caso correremo il rischio di annacquare la sua più profonda significazione.

Questo testo si offre alla comunità cristiana perché comprenda la fecondità della dinamica del perdono sull'immagine di Gesù; la grandezza della comunità cristiana è scambiarsi il perdono scambiandosi i peccati. È una intuizione che nella Chiesa c'è stata fino al 13º secolo: è la confessione tra laici. È bello come marito e moglie alla sera si scambino i peccati del giorno, e si regalano il perdono di Dio… è qualcosa di favoloso! Ecco perché quando si vive questo mistero il Signore è presente in mezzo a noi. Tale verità si rivela così ricca che dovremmo riuscire a ritrovare in essa una meravigliosa certezza: il Signore è veramente presente.

Quando viviamo insieme come lui, quando due si sposano, si sposano per essere insieme come lui! La grandezza del volersi bene è la gioia del regalarsi il perdono, chi non regala il perdono non ama mai… ecco perché il Vangelo di questa mattina è rivolto alla comunità cristiana; è il gusto di essere introdotti in una vita interiore dove noi diciamo “regalami il mistero della tua persona! Io ti regalo il mio mistero, insieme amiamoci perdonandoci e contempleremo il Signore presente in mezzo a noi".

Ecco perché Paolo nel brano che abbiamo ascoltato, nella prima riga, ha offerto una lettura eccezionale del tutto: “siate debitori dell'amore vicendevole”. La bellezza di amarci è dire all'altro: il mio cuore è aperto alla tua persona, regalami il tuo mistero perché insieme, nel reciproco dono, possiamo gustare il Padre attraverso la presenza del suo figlio Gesù Cristo.

L'evangelista Matteo ha voluto inserire queste parole di Gesù nel discorso alla comunità cristiana perché la bellezza di essere discepoli del Signore è regalarsi un amore che genera fiducia, speranza, elimina ogni senso di violenza o di ritorsione per curare nell'altro la gioia di vivere per poter camminare nella gioia nel Signore. Allora gusteremo il perdono!

Cerchiamo attraverso queste stimolazioni che nascono dalla parola di Dio, che noi tante volte trascuriamo, per bramare il volto del Maestro. Noi spesse volte siamo così drogati dai riti che dimentichiamo la parola di Dio, attraverso la quale contempliamo il Maestro il quale ci dà il perdono perché è diventato il nostro peccato.

È qualcosa che noi dovremmo continuamente rivedere dentro di noi.

Quando all'inizio dell'eucarestia noi ci scambiamo il perdono nell'atto penitenziale, non siamo davanti a un semplice rito. Qui viviamo la gioia di essere comunione regalandoci il perdono. E il perdono è dire all'altro: ho piena fiducia nella tua persona, come Gesù che, se guardiamo attentamente alla nostra esistenza, ha una fiducia inesauribile nei nostri confronti e una simile fiducia la viviamo continuamente nell'eucarestia che è per il perdono dei peccati, come appunto afferma Matteo nel racconto dell'ultima cena.

Inoltre non diciamo noi “agnello di Dio che togli il peccato del mondo” prima della comunione? 

La bellezza del fare la comunione è gustare la gioia del perdono.

Viviamo così questa eucarestia con tutta la sua bellezza, la sua profondità e poiché il Signore è dentro di noi e ci perdona sempre, diciamo grazie al Signore, perdonando all'infinito. Allora la nostra esistenza sarà un'esistenza veramente evangelica.
 
 
 
 
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