24 settembre 2017

XXV DOMENICA T. O. – (ANNO A)

Is 55,6-9     Fil 1,20-24.27     Mt 20,1-16
OMELIA
La bellezza d'essere discepoli del Signore è entrare giorno per giorno in un'intensa esperienza di libertà.

Seguire il Maestro, accoglierne i sentimenti è gustare una grande libertà interiore. È quello che ci ha offerto Paolo nella lettera ai cristiani di Filippi.

Davanti al mistero di Gesù, il vivere o il morire è la stessa identica cosa perché la bellezza che il cristiano è chiamato ad acquisire è camminare nel tempo e nello spazio con grande libertà interiore, rispetto agli avvenimenti della storia, perché gli avvenimenti sono di un momento.

La pienezza della vita è il senso di ogni frammento della nostra storia.

Per giungere a questa esperienza di grande libertà è interessante entrare nella parabola che Gesù, questa mattina, ci ha regalato e che ritraduce il meraviglioso dialogo tra Dio e l'umanità.

Infatti, leggendo la parabola, noi rileggiamo la storia di Gesù perché Gesù attraverso le parabole ha enucleato il senso della sua esistenza. È molto interessante entrare nelle immagini che la parola della parabola ci ha offerto per intuire il cammino per entrare nella vera libertà del cuore.

Il Signore è quel padrone che chiama gli operai a lavorare nella sua vigna.

È il Signore che chiama l'uomo a entrare nella chiesa come sete del volto di Dio. È il sottofondo che noi intuiamo nella parabola: l’uomo, chiamato da Dio, a entrare nella comunità cristiana ha il compito di avere sete.

Infatti, quando noi cerchiamo di cogliere qual è il nucleo di fondo della nostra esistenza, esso non è quello che facciamo o quello che non facciamo, il nucleo della vita è avere desiderio della sete del volto di Dio. Infatti, dietro l'immagine della parabola, noi scopriamo il cammino di iniziazione al mistero di Gesù, è Gesù che ci chiama ad essere suoi nella Chiesa e la bellezza della Chiesa è godere con Gesù di questo desiderio continuo ed inesauribile della bellezza del volto di Dio.

È una verità questa che noi dovremmo acquisire perché la sete del volto di Dio quanto più cresce, più ci dà libertà interiore davanti agli avvenimenti della vita, più la sete di Dio ci prende, più le nostre scelte si elaborano su questo sfondo di esistenza.

Il vero lavorare nella Chiesa è maturare attraverso la parola di Dio, attraverso l'esperienza sacramentale, attraverso la comunione fraterna, in quest'itinerario che ha, come grande meta, giungere a vedere il Signore.

Allora se intuiamo questo elemento, ecco che riusciamo a capire cos'è quella moneta che il padrone dà agli operai: quella moneta è la comunione gloriosa del paradiso dove non c'è quantità, dove il criterio è gustare questa percezione della grandezza di Dio che riempie il cuore di un gaudio veramente inesauribile.

È questo il senso stesso della vita.

Qualche volta, soprattutto nelle problematiche dell'esistenza, noi ci poniamo l'interrogativo di quale sia il significato della nostra storia e davanti a questo interrogativo che dovrebbe progressivamente stimolarci nelle scelte quotidiane, noi scopriamo che il senso della nostra vita è vedere Dio: nati da Dio, chiamati dal Cristo a entrare nella Chiesa per vedere eternamente Dio Padre.

E quando siamo davanti alla visione del vedere Dio Padre, non esiste né un di più, né un di meno, perché entriamo in quell'infinito che è il criterio portante della nostra storia.

Se noi riuscissimo a intravedere questa lettura della parabola riusciamo a scoprire perché Paolo fosse un uomo così libero. In una situazione storica di prigionia egli gustava la libertà perché ogni comportamento che noi abbiamo nella nostra esistenza è tutto avvolto da questo lavorare veramente umano.

Lo stesso lavoro materiale ritraduce sacramentalmente questo intenso desiderio interiore, usando l’immagine del salmo: “Il tuo volto Signore io cerco, non nascondermi il tuo volto”. E Dio chiama ogni uomo a questa meravigliosa esperienza.

L’immagine della chiamata alle diverse ore ritraduce la convinzione che per ogni uomo Dio ha un itinerario particolare perché, la bellezza della rivelazione divina, è camminare con la libertà dell'uomo: ciò che conta è che nell'ultimo giorno tutti insieme cantiamo la gloria di Dio!

E se noi riuscissimo intuire questa meravigliosa verità noi ci accorgeremmo che la storia, la nostra esistenza, avrebbe un tutt'altro significato; ecco perché Gesù ha scelto la paradossalità storica di questa parabola per dire l'intensità del dialogo relazionale che egli vuole stabilire con ciascuno di noi.

Lavorare nella vigna è crescere nell'ambito della Chiesa a maturare in questo desiderio veramente inesauribile di gustare questa gloria finale per cui siamo indifferenti davanti al vivere o al morire. Se il Signore ci permette di vivere è perché questo è il suo disegno, ma l'uomo interiore, quando è davanti a questa ineffabilità nel progetto di Dio non si pone mai il momento del morire perché la bellezza della sua vita è il Signore. E quando noi abbiamo questa intensa esperienza di Gesù e quest'esperienza di Gesù la facciamo diventare senso portante della vita, alla fine, gustiamo la bontà di Gesù.

È molto bello come nel dialogo finale del Vangelo Gesù abbia dato di se stesso quella definizione “se io sono buono”. La bontà è nient'altro che costruire, nell'ambito di ogni umana creatura, il volto luminoso del Padre “facciamo l'uomo a nostra immagine perché diventi nostra somiglianza”. Dio colloca nel cuore dell'uomo la sete dell'eterno perché attraverso l'incontro col Cristo questa sete possa essere veramente dissetata.

Ora l'eucarestia che noi stiamo celebrando è nient'altro che la parabola in un momento sacramentale. Il Signore ci ha chiamati qui, nella sua vigna, a lavorare attraverso l'intensità del desiderio del suo volto. La bellezza di venire all'eucarestia è desiderare il volto di Dio Padre! E il Cristo regalandoci il suo corpo e il suo sangue sacramentali, regalandoci la sua parola di vita eterna, ci introduce in uno sviluppo ulteriore per cui, se quegli operai lavorando tanto si sono affaticati, noi entrando nel cammino del regno dei cieli, non ci stanchiamo mai, ma cresciamo in questa sete giorno per giorno più intensa di godere la libertà del cuore davanti agli avvenimenti, in attesa di quel danaro, quando vedremo il Signore faccia a faccia.

Ritrovarci nell'eucarestia è gustare in modo prefigurativo quel danaro che riempirà di gioia la nostra esistenza, è quell'essere dissetati dalla gratuità di Dio come ci ha detto il profeta.

Allora continuamente cerchiamo il volto di Gesù nonostante tutte le nostre povertà, nonostante tutti i nostri limiti, perché la bellezza della vita è vedere Gesù accanto a noi che nel battesimo ci chiama a sé, cammina con noi, lavora con noi nella sua vigna perché al termine di questa storia ci possa rivelare il volto luminoso del Padre nel quale ogni nostro desiderio ha la sua autentica realizzazione.

Questa sia la speranza che Gesù ci vuole regalare questa settimana.
 
 
 
 
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