08 ottobre 2017

XXVII DOMENICA T. O. – (ANNO A) Anniversario dedicazione della Chiesa Parrocchiale

Ez 43,1-2.4-7     Pt 2,4-9     Gv 4,19-24
OMELIA
La bellezza dell'essere discepoli del Signore è condividere la sua sensibilità, trovandovi il gusto del nostro quotidiano e la sua fecondità. Così ci diceva Gesù domenica scorsa perché la bellezza che unisce i discepoli del Maestro è avere il Maestro come il cuore della propria esistenza.

La festa della dedicazione di una chiesa attraverso la parola che abbiamo ascoltato ci aiuta ulteriormente a comprendere cosa significhi che una comunità condivida la stessa sensibilità di Gesù e ci stimola sicuramente a ritrovare cosa significhi essere comunità in cui si condivide la stessa sensibilità di Gesù. Il dialogo tra Gesù e la samaritana è estremamente illuminante: Gesù non abita nessun luogo, il luogo in cui Egli abita è la fraternità nella fede.

Davanti all'interrogativo che la donna pone, Gesù è molto chiaro: né su questo monte, né in Gerusalemme, né sul Garizim -luogo di culto dei samaritani-, né nel tempio di Gerusalemme dove, come abbiamo ascoltato dal testo di Ezechiele, abita la gloria di Dio. È una verità questa che dobbiamo profondamente comprendere: Dio non abita in nessun luogo perché la bellezza del cristiano è non abitare in un luogo, ma essere abitati da una persona, questo è il grande salto di qualità. È molto bello come in un testo messianico il profeta Isaia affermi che Dio abita in chi, vivendo della Parola, in un cuore contrito gusta la presenza divina attraverso l'umiltà. Chi ha il cuore umile, contrito e teme la Parola è abitato da Dio! È il grande salto che qualifica l'esperienza cristiana, ecco perché è importante evitare l'idolatria dei luoghi per ritrovare il luogo della presenza divina come comunione di persone dove ogni battezzato è il luogo della vitalità del Cristo in persona. Questo lo ha detto molto bene Gesù quando ci ha comunicato in modo chiaro la grande affermazione “Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” e qui emergono tre grosse verità sulle quali il cristiano dovrebbe continuamente soffermarsi per riscoprire la bellezza del luogo di culto come “comunione di persone”.

Innanzitutto l'affermazione “è giunto il momento, ed è questo”.

La vera anima di ogni forma esistenziale e cultuale è Gesù stesso, il suo mistero di incarnazione, la sua persona dedita all'ora del Padre, il suo mistero nel quale ogni uomo ritrova se stesso.

La bellezza dell'essere cristiani è abitare in Cristo Gesù perché Cristo Gesù abita in noi. Senza questa dimensione fondamentale noi cadiamo nell'idolatria e idolatra è colui che vede il volto senza volto. La bellezza della vita è vedere il Signore perché abitiamo nel Signore, e il Signore abita in noi. La non percezione relazionale della presenza del Signore rende la nostra vita cristiana senza senso.

Perché noi ci siamo radunati questa mattina? Questa mattina ci siamo ritrovati in questo luogo per crescere nella coscienza che la nostra vita di comunione è radicata in Gesù. Senza il fascino di Gesù non ha senso l'essere qui insieme. La Chiesa è la comunità degli assetati del volto di Dio e chi per eccellenza é assetato del volto del Padre se non Gesù?

La bellezza della vita di Gesù è compiere in intima comunione con il Padre tutto quello che il Padre vuole. La bellezza di ritrovarci in chiesa è vivere la bella espressione che troviamo sulle labbra di Samuele: “Parla o Signore che il tuo servo ti ascolta!”

Se comprendiamo questo primo valore, ci appare con lucidità il secondo elemento con cui cogliere la presenza del Maestro tra noi: “adorare il Padre in spirito” che si ritraduce con "entrare in comunione con il Padre nella docilità allo Spirito Santo". È necessario ricorrere a questo criterio: il primato dell'invisibile, che appare come il principio fondamentale della nostra relazione con il Cristo. La bellezza di stare insieme non è data dal fatto che ci conosciamo in termini psicofisici, ma perché siamo uniti da questo criterio invisibile che si chiama Spirito Santo! La bellezza di essere Chiesa è respirare questa creatività dello Spirito Santo che ci rende comunione. Gesù ci regala lo Spirito Santo perché diventiamo lui respirando la sua presenza. Il Signore è qui presente perché come battezzati siamo il suo volto e perché il clima che stiamo respirando è denso della creatività dello Spirito Santo.

Come l'uomo non può vivere se non in un contesto in cui ci sia una atmosfera, l'aria, così noi non possiamo percepire questa presenza del Signore se non immersi nel soffio dello Spirito Santo. Il culto è vivere dello Spirito Santo che ci regala Gesù.

La presenza creatrice dello Spirito Santo dà il senso alla terza parola “adorare in spirito e verità”. Qui entriamo ancora nella stimolante affermazione di Gesù “è bene che io me ne vada perché se non me ne andrò non verrà a voi lo Spirito, Egli vi introdurrà nella verità tutta intera”. La verità è nient'altro che il condividere la comunione meravigliosa fra il Padre e il Figlio. Possiamo essere Chiesa perché in Cristo e nel soffio dello Spirito entriamo nella comunione con il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. La conoscenza di Gesù è un evento di comunione. Il vero culto non è il rito, ma la comunione perché il rito è la capacità della trascendenza e in questa trascendenza noi veniamo avvolti dalle tre Persone divine e in esse abitiamo. La Chiesa edificio è solo un segno che diventa sacramento quando insieme viviamo in Cristo nel soffio dello Spirito, gustando la comunione Padre Figlio. Dove non c'è comunione non c'è la reale e feconda presenza di Cristo.

È una verità sulla quale noi poche volte ci soffermiamo.

Quando vediamo una chiesa, essa è segno di questa intrinseca vocazione alla comunione. Noi tante volte pensiamo che andiamo in chiesa per pregare, per fare, per fare… Dovremmo entrare in chiesa per ritrovare la nostra identità secondo la frase di Gesù “è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”. Con una simile consapevolezza ci accorgiamo che questa chiesa sacramentale è un segno di una Chiesa molto più grande che ci avvolge e ci fa respirare la Chiesa della Gerusalemme celeste. Qui siamo nel provvisorio, come sono le mura di un edificio… la bellezza di essere qui chiesa è essere talmente immersi nella vita della Trinità che ci fa desiderare, pregustare, la comunione gloriosa del paradiso. E questo sicuramente è un passo interessante. Spesse volte noi, a livello relazionale, siamo molto zoppicanti nelle relazioni fraterne, ma dovremmo pensare per un momento che le persone con le quali in questa vita siamo in grosse difficoltà, domani saranno con noi a cantare la grandezza delle tre Persone divine. Quando la nostra esistenza si lascia illuminare da questo grande orizzonte la carità fraterna è il coraggio di pregustare la comunione del paradiso. Se intuissimo queste verità, metteremo da parte tutte le idolatria storiche, quali i quadri, le statue, i santi..... perché tutto sommato noi stiamo gustando l'eternità beata perché il nostro culto è Gesù nel soffio dello Spirito, immersi nella comunione Padre Figlio.

Prendiamo sul serio le parole di Gesù in modo da entrare in quel filone di vita che è la grande speranza della nostra esistenza. Ogni realtà della Chiesa è vera perché è segno diventando sacramento di una vita divina che Gesù ci regala ogni giorno. Ecco perché noi non andiamo all'Eucaristia per fare la comunione, perché in questo caso si realizzerebbe il principio che “ti do il rito perché tu mi dia la comunione”, il che non è evangelico, ma veniamo qui per respirare la bellezza della vita comunionale e chi è comunione attorno al Signore nello Spirito ne respira la parola e nel pane e nel vino scopre la gioia di essere sfamato e dissetato dalla vita trinitaria. Questo sia il mistero che vogliamo in semplicità condividere in modo da rendere sempre la nostra vita semplice, essenziale e gusteremo veramente una vita unificata dove noi “oggi” viviamo in chiesa ciò che vivremo andando a casa in attesa di quella Chiesa dove non ci sarà più nessuna casa, ma seguiremo l'Agnello cantando il canto nuovo che i beati cantano mentre stanno eternamente godendo la vita divina. Questo il grande respiro che dobbiamo portare a casa da questa celebrazione.
 
 
 
 
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